La brutta versione di me

La mia vita la percepisco essenzialmente come divisa in due fasi: il ‘prima’ ed il ‘dopo’ la frattura con me stessa.

Ho imparato sulla mia pelle che ci sono eventi che provocano dei danni irreparabili in noi stessi, delle vere e proprie fratture. In sostanza, delusioni e dolori troppo grandi per permetterci di uscirne indenni e continuare ad essere come eravamo ‘prima’.

Riflettendo sulla mia vita, credo che la prima grande frattura sia avvenuta con la separazione da colui che credevo essere l’amore della mia vita. Quell’uomo che vedi nei tuoi sogni come il tuo compagno di vita e padre dei tuoi figli. Quella persona su cui hai investito tutto ed a cui hai dato tutto. E poi, crac.

Da quel momento sono diventata la bisbetika. Sono diventata più aggressiva, meno paziente, meno accondiscendente. Triste. Poi mi è sembrato di aver ritrovato me stessa per un breve periodo, finché è arrivato il secondo crac, il mio ultimo ex compagno. Un disastro totale. Forse non l’uomo più sbagliato che potessi scegliere, ma quasi. Da allora, in più, sono diventata anche arrabbiata.

Oggi sono questa me, la me dopo il primo crac e dopo il secondo. Arrabbiata con gli uomini che mi sono lasciata alle spalle, con la sfortuna che ha fatto ammalare mio padre, con me stessa per le scelte sbagliate che ho fatto e le opportunità che non ho colto.

Infine, ma non meno importante, non mi sento completamente una buona madre. Amo profondamente i miei figli, mi prendo cura di loro, faccio tutto per loro… ma sono troppo spesso una mamma nervosa, delusa, frustrata, nonostante cerchi continuamente la strada giusta per migliorare il mio futuro e quello dei miei bambini.

Sono una mamma persa, una mamma che si sente sola, nonostante materialmente e fisicamente ho chi mi dà un grande aiuto con i miei figli. Ma non è il loro padre. Ed è la mancanza di questa figura paterna per i miei figli che mi fa stare male, costringe me e loro a delle rinunce e non ci permette di vivere appieno.

Certo faccio tante cose da sola e con i bimbi, ho effettivamente trovato per loro una forza che non sapevo di avere in me, la forza che credo solo una madre possa avere. Ma tant’è, dietro i miei sorrisi e le mie battute per sdrammatizzare, la vita da sola è più difficile, non c’è nulla da fare.

Quando ero incinta mi immaginavo come madre ed avevo tante aspettative su me stessa, poi al primo lungo pianto del mio primo figlio durato quasi tutta la notte ho capito da subito che non sono quel tipo di mamma super-paziente che avrei voluto (e dovuto) essere.

Non sto dicendo che non ho superato ostacoli per i miei bambini, la separazione stessa è stata per il loro bene e mi impegno costantemente per dare loro ciò di cui hanno bisogno, a costo di privarmene io quando è necessario. Ma dalla nascita del mio primo figlio sono passati alcuni anni, eppure quando i miei bimbi stupendi e vivaci mi danno filo da torcere, spesso e volentieri vado in crisi a dover gestire tutto da sola.

In fondo ciò che mi manca davvero per tornare ad essere la me di una volta è un po’ di serenità. Tornare ad essere in pace con me stessa. Ho pensato di investire anche in un percorso di psicoterapia per il bene dei miei figli, perché io ho avuto ed ho una mamma eternamente insoddisfatta ed è un peso veramente grosso. Qualcosa che ti segna per sempre. Ad oggi posso dire che mi sento molto più simile a lei di quanto non avrei desiderato, nonostante le voglio un bene dell’anima.

Ma alla fine credo che non ci voglia un percorso di psicoterapia per capire che per rendere i figli felici è importante essere genitori ‘felici’ (sul mio concetto di felicità penso che ci scriverò un post a parte).

Purtroppo quei crac che mi hanno fratturata hanno fatto danni irrimediabili e, a dirla tutta, forse mi sono lasciata cadere un po’ troppo nel baratro, senza apprezzare e gioire sufficientemente anche degli aspetti positivi, concentrandomi solo sulle mancanze.

L’unica cosa che mi resta da fare è prendermi cura di ciò che ancora resta di buono in me e farlo risbocciare, per il bene mio e dei miei bambini.

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5 commenti

  1. Io ho capito che la psicoterapia, oltre a far capire delle cose (alle quali spesso, se si è sensibili, ci si arriva anche da soli) serve ad elaborare quei crac.

    Nel senso che un crac, se non lo superi emotivamente, non riesci a scrollartelo di dosso e di conseguenza appesantisce il passo.
    Provi a non pensarci, ma comunque sta sempre lì e dunque non riesci a girare pagina.

    Un crac, una crisi, un trauma ti fanno piombare nel Caos, perché tutto un mondo crolla.
    Ma se, gradualmente, riesci a superarlo, dal crac puoi rinascere in una nuova forma.
    Una versione di te muore, una versione di te nasce.

    È un rito di passaggio, come quelli che (purtroppo per noi) facevano i nostri antenati o fanno ancora oggi alcuni popoli primitivi.
    L’incontro con il Caos, la dissoluzione, la ricostituzione e la rinascita.
    Come una resurrezione, come un’araba Fenice.

    1. Credo che tu abbia ragione sulla psicoterapia… infatti giusto oggi ho esternato una frase molto brutta riferita ai miei figli: sono stanca di essere madre. Guai se non lo fossi invece. I miei figli sono una parte importantissima di me, voler non essere mai diventata madre non può che essere un frammento della me ‘craccata’ che è spuntato prepotentemente fuori, in tutta la sua crudeltà. Il mio percorso è ancora molto lungo ed insidioso. Temo che se non mi farò aiutare chi ci rimetterà saranno i miei bambini, più che io stessa.

      1. Penso che provare certe emozioni sia normalissimo quando si è “craccati”.
        E poi ci si sente in colpa per provare o solo pensare certe cose.
        E allora aumenta ancor di più il malessere.

        Penso invece che prenderci cura delle nostre ferite e dei nostri “crac” sia la cosa più intelligente da fare, sia per noi stessi che per le persone che amiamo e che ci stanno intorno.

        Mi auguro tu possa iniziare presto questo viaggio 🙂

  2. Mi trovo a concordare con Leonardo, quei crack li ho vissuti anche io, anche io ho un prima e un dopo… Però l’aiuto della psicoterapia mi ha insegnato a premere l’interruttore per poter costruire una nuova me, la volontà veniva da me, ero consapevole di quale fosse il problema però da sola faticavo a capire in quale direzione compiere i passi per stare meglio… Anche se trovare il professionista giusto non è per nulla facile

    1. Già Hadley, trovare il professionista giusto non è facile e nemmeno economico. È un vero e proprio investimento, anche perché la durata di un percorso psicoterapeutico varia molto da persona a persona. Comunque se le cose in me dovessero peggiorare troppo dovrò pensare seriamente di chiedere aiuto. Nel frattempo voi compagni di blog mi date una grande mano con il vostro sostegno e lo scambio di idee. A presto.

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